In Calabria spesso i conti non tornano, c’è gente capace di farsi denunciare pure dal cantante degli Aerosmith, la Corte dei Conti invece torna spesso anche se probabilmente non quanto sarebbe necessario. L’ultima visita di cortesia dell’augusto consesso di Viale Mazzini è stata dedicata a quello scempio succhiasoldi chiamato Ponte sullo Stretto, che da anni la politica ha promesso ad un sacco di portatori di interessi ma che purtroppo ancora continua a non partire. Non fatichiamo a immaginare come ci siano rimasti male quelli che stanno già pronti con terreni, ditte edili, movimenti terra e una pioggia di subappalti nel vedere che per l’ennesima volta qualcosa si è messo di traverso alla realizzazione della speculazione più appetitosa degli ultimi anni. Ed è stata proprio la Corte dei Conti a dare l’ultimo schiaffo in ordine di tempo anche se i pennivendoli della propaganda di regime hanno cercato di buttarla in caciara con la storia della presunta incapacità informatica dei giudici. Deroghe ambientali improbabili, spese ingiustificate e altre cose divertenti di questo genere. Purtroppo per un certo tipo di appetiti non sono più i tempi del sacco di Palermo o dell’edilizia stile aeroporto di Palermo che, come dice Alfio Caruso nel suo bellissimo libro su Cosa Nostra, fu costruito nella direzione opposta a quella più utile perché i terreni di Badalamenti sfortunatamente per l’interesse pubblico erano da un’altra parte e lì bisognava costruire. Oggi pare leggermente più difficile speculare, qualcuno che ficca il naso si trova sempre, anche se gli affari continuano ad andare a gonfie vele.
Non so se questo ponte si farà mai, ma una cosa la so: che almeno la smettano di definirla opera strategica per Calabria e Sicilia. È un insulto per un territorio con un gap infrastrutturale devastante, senza servizi decenti, dove si muore se poco poco piove più del solito. E, soprattutto, se non si farà dovrete restituire a siciliani e calabresi tutti i soldi buttati da decenni in questo pozzo senza fondo e senza senso.
